Scienza

mag282015

L'obesità è correlata con la digestione dei carboidrati

Un recente studio, pubblicato sulla prestigiosa rivista Nature Genetics, ha dimostrato che l'obesità è correlata geneticamente al modo in cui l'organismo digerisce i carboidrati. Il lavoro, analizzando migliaia di campioni di Dna di soggetti provenienti da Svezia, Inghilterra, Francia e Singapore, ha preso in considerazione la relazione esistente tra il peso corporeo e il gene AMY1, responsabile della sintesi dell'amilasi salivare, il primo enzima a iniziare la digestione dei carboidrati. Generalmente, i livelli sierici di tale enzima variano da individuo a individuo e dipendono sia da fattori ambientali sia da fattori genetici, come il numero di copie del gene AMY1. Di solito in ogni persona sono presenti due copie di ogni gene, ma in alcune regioni del Dna si può riscontrare un aumento nel numero di queste copie, condizione conosciuta come "variabilità del numero di copie". Si pensa che un numero elevato di copie del gene AMY1 si sia evoluto come conseguenza di uno spostamento, fin dalla preistoria, della dieta umana verso alimenti contenenti amido. Infatti, le popolazioni umane che tradizionalmente consumano un'alta percentuale di carboidrati nella loro dieta mostrano un numero di copie del gene superiore a quelle che seguono una dieta a basso contenuto di amido.
I ricercatori hanno riscontrato che gli individui con un basso numero di copie del gene AMY1 hanno un elevato rischio di sviluppare obesità: in particolare, le persone con meno di quattro copie di questo gene hanno un rischio di circa otto volte superiore rispetto agli individui che possiedono più di nove copie, il che equivale a dire che ogni copia aggiuntiva del gene per l'amilasi salivare riduce del 20% la probabilità di diventare obesi. Uno dei limiti maggiori dello studio sono le metodologie utilizzate per l'analisi del numero di copie del gene (PCR, micro array), dato che si tratta di tecniche che risentono di un ampio numero di variabili, come il metodo di estrazione, la qualità e la concentrazione del Dna analizzato. Tuttavia, i ricercatori sono fiduciosi che questa loro scoperta possa suscitare l'interesse per il ruolo della "variabilità del numero di copie" in molte malattie comuni, promuovendo lo sviluppo di approcci tecnologici più innovativi e aprendo la strada verso la medicina personalizzata, per la valutazione dei rischi a livello individuale.

Nature Genetics 46, 492-497 (2014)

Maurizio Battino
Francesca Giampieri


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