Scienza

nov162017

L'emicrania è anche affare del nutrizionista

L'emicrania in Italia colpisce più del 30% delle donne e del 10% degli uomini, numeri enormi di una piaga fortemente sottostimata e ignorata. "I numeri dovrebbero far riflettere sull'impatto dell'emicrania, in particolare sul genere femminile: sicuramente alla base vi è un cocktail genetico predisponente, ma a questo va sommato il quadro ormonale femminile tipico dell'età fertile. È recente un'osservazione riguardo alla relazione tra emicrania e sindrome metabolica proprio in donne fertili. Ecco perché chi si occupa di nutrizione dovrebbe conoscere l'emicrania e il suo impatto in particolare sulle donne". A dirlo è un neurologo, il dottor Cherubino Di Lorenzo, che da anni si occupa di cefalee e che ha introdotto l'approccio dietetico come parte integrante del proprio metodo di trattamento terapeutico.  "L'emicranico ha un maggior rischio di andar incontro a sindrome metabolica, soprattutto chi soffre di emicrania con aura. Già gli studi prospettici su ampia popolazione di cui disponiamo, tra cui l'HUNT Study, parlano chiaro in termini di relazioni tra abitudine al fumo, condizione di obesità ed emicrania cronica, ma nelle donne anche l'emicrania episodica ha un legame con il BMI. Inoltre, uno studio italiano ha indagato il metabolismo insulinico e glicemico negli emicranici, dimostrandone un'alterata risposta al carico glucidico. Gli emicranici manifestano un'alterata risposta glicemica, pertanto ci si dovrebbe chiedere se non sia il caso di considerare l'emicrania quale parte della sindrome metabolica, e quindi anche di pertinenza nutrizionistica, anche considerando che l'approccio farmacologico tradizionale spesso peggiora l'insulino-resistenza e il quadro metabolico. Sapere che una persona è emicranica permette di conoscere un fattore di rischio importante nello sviluppo della sindrome metabolica e se si indaga nella storia alimentare di questa persona, spesso si scopre che quando mangia meno sta meglio". Quindi, l'alta prevalenza dell'emicrania sarebbe dovuta proprio al fatto che essa sia il risvolto della medaglia di una maggiore capacità della persona di sopportare la restrizione calorica.  "L'emicranico, essendo un "buon metabolizzatore", si adatta meglio alla mancanza di cibo. Quest'affermazione è corroborata dall'evidenza storica della scarsa accessibilità al cibo in passato, ma anche dall'osservazione che nei paesi poveri l'emicrania era una realtà semisconosciuta fino all'arrivo del junk food e della concomitante crescita dell'obesità". 

Già negli anni '20 si parlava di dieta chetogenica ed emicrania, ma nel 2006 un medico, il dottor Strahlman, descrisse il caso della propria consorte, un'emicranica cronica: seguì per 6 mesi una dieta chetogenica a scopo dimagrante, una dieta a bassissimo contenuto calorico (VLCD, Very Low Calorie Diet). Durante la dieta e dopo il dimagrimento, tornata a una dieta libera, gli attacchi emicranici erano scomparsi. Nessun esperto di chetogenesi raccolse l'osservazione di Strahlman, perché parlava di una VLCD, quindi una dieta chetogenica finalizzata all'utilizzo dei grassi corporei. In questo caso infatti la quantità giornaliera di carboidrati è ridotta al fine di ottenere moderati livelli ematici di corpi chetonici prodotti nel fegato in grado di sopprimere il senso di fame ed essere substrato energetico. "Una delle difficoltà maggiori che incontro quando parlo di chetosi anche con gli addetti ai lavori, oltre che quando pubblico un lavoro scientifico, è far capire che in realtà VLCD o Atkins modificata o chetogenica classica con i vari rapporti 4:1, 3:1 e così via, non sono altro che metodi differenti per far funzionare il corpo grazie ai corpi chetonici che esso produce - prosegue il dottor Di Lorenzo -  Nei pazienti obesi, un approccio VLCD è efficace nell'indurre una valida chetosi perché il livello di acidi grassi liberi si impenna, come se si seguisse una dieta dall'alto rapporto chetogenico. La VLCD può essere usata anche nell'emicrania sia perché spesso c'è da perdere peso, sia perché un periodo di restrizione calorica fa bene; non si deve aver fretta di passare a una dieta chetogenica basata sul consumo di lipidi. I nostri casi clinici lo hanno dimostrato nel tempo: chi seguiva una dieta VLCD per perdere peso prima di intraprendere qualunque protocollo farmacologico migliorava la sintomatologia, e nel corso del tempo le osservazioni fatte sulle variabili in gioco di questi pazienti ci ha portato a dire che effettivamente la chetosi portava evidenti benefici. In particolare, ci siamo resi conto da chi teneva un diario dell'emicrania mentre stava perdendo peso, aveva differenze significative tra periodi di chetosi e periodi di dieta comunque ipocalorica ma non chetogenica. Ciò ci ha portato a realizzare uno studio aperto, proprio su quei pazienti obesi emicranici che si rivolgevano alla chetosi per perdere peso, cercando di controllare anche la variabile dell'integrazione di sali minerali tipica dei protocolli VLCD: i risultati hanno ulteriormente confermato l'efficacia dell'approccio chetogenico rispetto a una dieta di controllo non chetogenica. Una volta raggiunto un peso "ideale", è fondamentale una transizione modulata adeguatamente, aggiungendo grassi, per portare il paziente da una VLCD a una Atkins modificata. Miglioramenti si registrano anche su inflammosoma e stress ossidativo, entrambi talloni d'Achille dell'emicranico cronico.  Stessi risultati li stiamo ottenendo trattando pazienti affetti da cefalee a grappolo. Abbiamo appena ultimato uno studio in doppio cieco condotto su soggetti emicranici, i risultati sono di prossima pubblicazione. Il numero di pazienti su cui ci siamo concentrati i sono limitati, ma questo solo perché ci viene chiesto dal nostro Comitato Etico di rispettare il responder rate, ovvero il numero minimo di pazienti per raggiungere la significatività statistica. Prossimi studi avranno sicuramente numeri ben maggiori".

Silvia Ambrogio


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