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mag112017

Positive Nutrition: come insegnare alle cellule il controllo dell'infiammazione silente

Longevità e benessere sono due concetti che devono andare insieme per invertire il trend che ha portato un aumento dei casi di obesità negli ultimi 45 anni, dal 15 al 36% della popolazione adulta. Consumiamo 300 calorie al giorno in più rispetto agli anni settanta; la qualità del cibo è scarsa e facciamo poca attività fisica. Nell'insieme, una bomba per il nostro organismo. Viviamo più a lungo, certo, ma invecchiamo male. Di longevità e stile di vita si è parlato a Milano, nell'ambito del 4° Congresso Internazionale Science in Nutrition organizzato dalla Fondazione Paolo Sorbini, con il Patrocinio di Regione Lombardia, alla presenza dei maggiori esperti mondiali. Partiamo da un dato di fatto: mangiamo troppo e in modo scorretto. Alla luce delle più recenti evidenze la sola restrizione calorica però, non basta a invertire il trend che dovrebbe portarci a vivere più a lungo in buona salute. 
Se l'invecchiamento è un processo irreversibile, influenzato dall'assetto genetico, che aumenta la suscettibilità individuale a contrarre una malattia, il rischio di svilupparla invece è legato in prevalenza a fattori ambientali, tra cui l'alimentazione e lo stile di vita. Serve intervenire su più fronti, come propone la Positive Nutrition, un approccio culturale che intende la dieta non solo in senso di limitazione, ma anche come strumento di benessere, che aiuti realmente l'organismo a vivere a lungo in salute, ha spiegato Giovanni Scapagnini, dell'Università del Molise.
Come ha ricordato Barry Sears, presidente della Inflammation Research Foundation, esperto nel campo del controllo della risposta ormonale attraverso la dieta e inventore della nota dieta "Zona", con l'alimentazione si combatte la cosiddetta infiammazione silente, che concorre all'invecchiamento e che è ritenuta alla base dell'eccesso di peso e di importanti malattie croniche, prime tra tutte diabete e obesità, tumori, patologie cardiovascolari e neurodegenerative.
La scienza dunque, oltre a sottolineare l'importanza di uno stile di vita che contempli un esercizio fisico moderato ma costante, parte anche dalla consapevolezza che ogni cibo può svolgere delle funzioni (positive) specifiche per il nostro organismo. L'acqua, soprattutto in caso di attività sportiva, non deve mancare per il reintegro dei minerali. Bisogna poi imparare a considerare ogni pasto come un progetto ormonale che condiziona direttamente il lavoro degli organi e che può agire sul nostro Dna - secondo Sara Farnetti, specialista in Medicina Interna e malattie del metabolismo - per capire come funziona il cibo nell'attivare il gene della longevità e ridurre lo sviluppo precoce di patologie croniche. Per vivere bene a lungo è necessaria una vera e propria strategia nutrizionale, "una dieta antinfiammatoria" - spiega Benvenuto Cestaro, dell'Università degli Studi di Milano - che preveda una riduzione di cibi pro-infiammatori, come gli acidi grassi idrogenati, gli acidi grassi saturi e gli acidi grassi omega-6 (da cui deriva l'acido arachidonico), a favore degli acidi grassi monoinsaturi e, soprattutto, i polinsaturi omega-3. Le scelte alimentari diventano fondamentali e devono beneficiare di integrazioni - quando necessario - e di alimenti "funzionali", ricchi in principi attivi (omega-3 e polifenoli) come pesce, alghe, verdure, spezie, di comprovata efficacia perché molto presenti nell'alimentazione delle popolazioni più longeve. Alimenti che "insegnino alle cellule a mantenere il controllo dello stress ossidativo, dell'infiammazione e del metabolismo e ci aiutino a vivere più a lungo, in buona salute.

Francesca De Vecchi

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