Professione

nov102015

Problematiche giuridiche della cybermedicina

I motori di ricerca hanno reso fruibili a ogni utente connesso alla rete informazioni e dati riguardanti la salute in ogni suo aspetto. Una miriade di informazioni che giornalmente interagiscono con quella categoria di utenti che gli esperti hanno definito 'healthmed retrievers' , ossia cacciatori di informazioni mediche digitali. Si tratta di una tendenza che coinvolge il 41% degli utenti della rete, percentuale destinata a crescere.
Il mutato rapporto con la salute ha generato occasioni di confronto tra internauti, professionisti della salute, case farmaceutiche, cliniche, aziende del settore alimentare, centri sportivi.
Trattandosi di un settore che tocca la salute - uno dei beni maggiormente tutelati dagli ordinamenti giuridici moderni - è giocoforza indispensabile interrogarsi sulle implicazioni che questa rivoluzione potrebbe generare e, soprattutto, su quali limiti giuridici possano essere posti sull'interazione utente-paziente.

In premessa, va chiarito come la rete spesso abbia un perimetro che sfugge al controllo di un singolo ordinamento nazionale e che, pertanto, le problematiche di cybermedicina possano avere natura transnazionale.
Il Decreto Bersani, nel 2006, ha fatto venire meno il divieto di pubblicità sanitaria. Successivamente a tale intervento normativo, il Codice di deontologia medica è stato aggiornato, introducento una serie di limiti alla pubblicità in materia sanitaria. In primis è prevista una netta distinzione tra pubblicità e informazione in campo sanitario, con un tassativo divieto di mascherare qualsiasi forma di pubblicità attraverso la divulgazione di informazioni. La pubblicità deve essere trasparente e veritiera.
Altro aspetto rilevante riguarda la responsabilità civile del professionista e, nel caso in cui lo stesso operi a mezzo di un sito non direttamente da lui gestito, la responsabilità posta in capo al gestore del sito internet. Pare essere eslcusa una responsabilità oggettiva del provider, mentre resta oggetto di dibattito l'ipotesi della culpa in vigilando.
Per quanto attiene al professionista, i recenti interventi normativi non hanno apportato alcun chiarimento circa la responsabilità discendente dai consulti online. Egli sarà certamente tenuto a operare secondo l'obbligo di diligenza, anche se le linee guida HonCode raccomandano in maniera molto restrittiva di non fornire diagnosi o fissare terapie mediante consulto online.
Altri aspetti, di non secondaria importanza, riguardano la protezione dei dati e il consenso informato.

Paolo Patruno


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