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giu82017

L'importanza del piano alimentare nel trattamento della fenilchetonuria. Le prime linee guida europee

Fra le malattie ereditarie del metabolismo proteico, la fenilchetonuria (PKU) è la più frequente ed esordisce prevalentemente in età pediatrica. In Italia infatti è stata inserita dal 1992 (legge nazionale n. 104 del 05/02/92), nello screening neonatale, insieme a ipotiroidismo congenito e fibrosi cistica. È causata dalla mutazione di un gene che codifica la fenilalanina idrossilasi (PAH), enzima che interviene nella conversione della fenilalanina in tirosina. In Europa, così come in Italia, la frequenza della malattia è pari a 1 su 10.000 nati. La prevalenza tuttavia mostra notevoli variazioni in funzione della distribuzione geografica: alti tassi caratterizzano paesi come l'Irlanda e la Turchia, molto bassi la Finlandia. Nei bambini la fenilalanina non convertita a tirosina, in parte viene smaltita per via urinaria, in parte, attraverso la conversione di acido fenilpiruvico, si accumula provocando gravi danni al sistema nervoso centrale, ritardo mentale e dell'accrescimento.
A gennaio di quest'anno sono state pubblicate su Lancet Diabetology and Endocrinology le prime linee guida europee per la diagnosi e cura della PKU. Messe a punto da un gruppo di esperti internazionali fra cui il Dipartimento di malattie metaboliche ereditarie dell'Università di Padova, hanno lo scopo di fissare i criteri di diagnosi, il follow-up clinico e le terapie di cura, sulla base della severità della malattia. Iniziare tempestivamente il trattamento idoneo è fondamentale.
A oggi, una dieta a basso contenuto proteico e di fenilalanina rimane l'unico trattamento in grado di prevenire l'insorgenza dei sintomi, sebbene esista una terapia farmacologica che ricorre al cofattore della PAH, il BH4, che agisce come supporto per la trasformazione in tirosina e che permette di modulare la dieta.
Il trattamento viene valutato dal medico sulla base dell'attività residua di PAH nel sangue: la soglia limite è pari a 360 μmol/L, al di sotto del quale non è previsto alcun trattamento. È raccomandato per valori compresi fra 360 e 600 μmol/L, fino a 12 anni di età e per tutta la vita quando le concentrazioni nel sangue sono superiori a 600. La dieta a basso contenuto proteico deve tuttavia garantire i fabbisogni raccomandati degli individui. Il piano alimentare, preparato in base alla tolleranza alla fenilalanina del paziente, secondo le linee guida, prevede la supplementazione con miscele di aminoacidi senza fenilalanina (con aggiunta di vitamine e minerali) e alimenti a basso contenuto proteico, per raggiungere i fabbisogni energetici raccomandati. 

Francesca De Vecchi


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