Clinica

feb192018

Trattare l'artrite correggendo l'infiammazione da cibo

La valutazione sintomatologica delle diverse forme di artrite dipende da un ormai consolidato "score" che accomuna le varie forme di artrite (reumatoide, reattiva, psoriasica e autoimmune in genere) ma gli ultimi anni hanno evidenziato che alla base di questa sintomatologia si può riconoscere l'attivazione di citochine differenti e talvolta l'attivazione di subset immunologici di diverso significato. Già nel 2016 su queste pagine ho discusso della importanza delle citochine correlate al cibo nella induzione e nella genesi dell'artrite (1) ma da allora, in soli due anni si sono potute evidenziare nuove considerazioni scientifiche. In particolare ad esempio l'artrite psoriasica può essere correlata all'attivazione della IL17 (di dominanza TH1) mentre alcune forme di artrite reattiva possono correlare ai livelli di PAF ed essere maggiormente dipendenti da subset di tipo TH2. La distinzione non è capziosa perché la scelta del tipo di trattamento e la sua efficacia sono fortemente correlati al tipo di substrato infiammatorio che le genera, anche se i sintomi possono essere del tutto sovrapponibili. Inoltre si è sempre più andato precisando il ruolo dell'alimentazione nella induzione artritica, dovuto a due fondamentali e differenti meccanismi. Il primo dipende dal tipo di alimento consumato e Lied (2) ha dimostrato che alcuni alimenti possono individualmente aumentare il livello di infiammazione attraverso la produzione di BAFF, che a sua volta genera la cascata infiammatoria tipica delle forme artritiche. Steri (3) ha documentato sul NEJM l'importanza del BAFF nella attivazione di malattie autoimmunitarie, confermando che questa citochina è centrale nella induzione di qualsiasi patologia autoimmune. Chen (4) ha indicato che BAFF agisce anche sui linfociti T, regolandone la funzione e entrando così a far parte anche degli effettori T dell'organismo, motivo per cui BAFF diventa molecola fondamentale nella regolazione immunologica complessiva, e come detto, la sua relazione con il cibo è stata abbondantemente discussa (2). Probabilmente si tratta del meccanismo che molti identificavano con il nome ormai obsoleto e ascientifico di "intolleranze alimentari"; oggi le citochine possono essere misurate e gli effetti valutati secondo uno standard scientifico e ripetibile.
Il secondo meccanismo infiammatorio dipende invece dal modo in cui si mangia, sia riguardo al "timing" alimentare, sia a proposito del corretto equilibrio tra carboidrati e proteine, come indicato dalla Harvard Medical School. Come risposta a questi stimoli il tessuto adiposo reagisce ad esempio alla dominanza di carboidrati rispetto alle proteine con produzione di visfatina e al digiuno prolungato con produzione di resistina. La prima ricercatrice che ha valutato quest'aspetto è stata Francisca Lago (5), che ha descritto come le diverse adipochine fossero in grado di indurre e mantenere una forma di artrite reumatoide. In seguito anche le ricerche di Conde (6), pubblicate su Discovery Medicine, hanno considerato gli effetti di induzione dell'artrite dipendenti dalla attivazione di adipochine e potenzialmente legati alla scorretta distribuzione di proteine e carboidrati all'interno dei singoli pasti. Significa che ogni singolo caso di artrite può essere studiato individualmente correggendo l'infiammazione dovuta al cibo, abbinando sia lo studio delle citochine sia quello delle adipochine. In pratica significa che l'applicazione di alcuni suggerimenti nutrizionali oggi condivisi scientificamente e la scelta di una relazione non infiammatoria con i singoli gruppi alimentari può portare a ridurre l'apporto farmacologico anche in presenza di una forte componente autoimmunitaria,

1) L'artrite si cura nel piatto. Nutrizione33 (2 dic 2016) 
2) Lied GA et al, Aliment Pharmacol Ther. 2010 Jul;32(1):66-73. Epub 2010 Mar 26
3) Steri M et al, N Engl J Med. 2017 Apr 27;376(17):1615-1626.
4) Chen M et al, Cytokine Growth Factor Rev. 2014 Jun;25(3):301-5. Epub 2013 Dec 24.

Attilio Speciani


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